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Si avvicina il termine dell’entrata in vigore del distanziometro espulsivo della Regione Lazio: l’errore tecnico, il reale impatto sugli utenti e gli effetti collaterali

1 marzo 2022
Nel Lazio errore tecnico danno tangibile. Si avvicina il termine dell’entrata in vigore del distanziometro espulsivo della Regione Lazio: l’errore tecnico, il reale impatto sugli utenti e gli effetti collaterali.
Gioconews marzo 2022

Si affronta oggi il tema relativo al distanziometro in vigore sul territorio del Lazio posto che l’impianto normativo regionale di riferimento, per come strutturato da un punto tecnico, finisce per creare un effetto indiretto non voluto, diverso dal mero contenimento dell’offerta per mettere in protezione alcune categorie di soggetti ritenuti bisognosi di assistenza e protezione, in realtà consistente in un’autentica espulsione del gioco pubblico dalla sostanziale totalità dal territorio.
Si tratta della cosiddetta “questione territoriale” che riguarda molte regioni italiane ed i relativi distanziometri che, per un’incontrollata espansione dei parametri urbanistici che presentano (numero di metri di interdizione, tipologie di luoghi sensibili), anziché razionalizzare e ridurre l’offerta di gioco di Stato, di fatto ne impediscono l’esistenza sulla sostanziale totalità dei territori, chiedendo anche alle realtà preesistenti alla legge stessa di fare le valige.
 
Le norme di riferimento.
In particolare, l’articolo 4, della L.R. Lazio 5/2013 prevede che “Fermo restando il rispetto della normativa statale in materia, al fine di tutelare determinate categorie di soggetti maggiormente vulnerabili e prevenire fenomeni di GAP, è vietata l'apertura di nuove sale gioco che siano ubicate ad un raggio inferiore a cinquecento metri da aree sensibili, quali istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente dai giovani, centri anziani, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio assistenziale o luoghi di culto”.
Per le caratteristiche tecniche dei parametri impostati dalla norma, perizie urbanistiche hanno preso atto che il distanziometro in parola comporta il divieto sulla sostanziale totalità del territorio.  Sul punto ad esempio si richiama lo studio Eurispes “Gioco pubblico e dipendenze nel Lazio” del 23 ottobre 2019 che alla pagina 59 propone la tabella urbanistica riassuntiva, relativa all’applicazione del distanziometro sulla città di Roma identificando una percentuale di interdizione pari a 99,70%.
Tale circostanza da anni sta paralizzando l’apertura di nuove realtà del gioco pubblico sul territorio.
Per le realtà preesistenti alla normativa del 2013, e che quindi ad oggi rappresentano l’offerta del gioco pubblico sul territorio, è poi intervenuta la L.R. Lazio n. 1 del 27/2/2020 che ha modificato la L.R. n. 5/2013 introducendo l’art. 11 bis laddove si prevede che “Gli esercenti che, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, gestiscono apparecchi per il gioco d'azzardo collocati all'interno di esercizi pubblici commerciali o di sale da gioco si adeguano, entro i diciotto mesi successivi a tale data, a quanto previsto all'articolo 4, anche attraverso la rimozione degli apparecchi stessi”. Con tale provvedimento è stato dunque individuato nella data del 28/8/2021 il termine per l’espulsione di tutte le realtà del gioco pubblico dalle caratteristiche indicate.
In seguito ad un feroce dibattito sviluppatosi in piena pandemia, ed in prossimità del termine indicato, l’articolo 22, comma 1, lettera b) della L.R. Lazio n. 14 del 18.8.2021 ha previsto che “al comma 2 dell'articolo 11 bis, la parola: “diciotto” è sostituita dalla seguente: “trenta””, con ciò individuando il nuovo termine del 28/8/2022 per l’espulsione di tutte le realtà preesistenti del gioco pubblico.
 
L’espulsione va contestualizzata.
Oggi, con l’avvicinamento di detto termine il dibattito non è diverso da quello dell’anno scorso, se non ulteriormente aggravato dalla coda degli effetti pandemici, dalla sempre più penalizzante tassazione del comparto che ne riduce inesorabilmente l’aggio riconosciuto in concessione (già l’ufficio parlamentare di bilancio nel 2018 denunciava il problema richiamando l’allarme sul pericolo di stabilità del comparto), nonché dalle distorsioni dell’applicazione della tessera sanitaria (che, come oramai sanno tutti, anziché ottenere lo scopo per la quale è stata imposta, ossia tenere lontani i minori, ai quali peraltro è già vietato di accedere nelle sale oltre che di giocare, di fatto finisce solo per tenere al di fuori dal trasparente circuito pubblico di gioco tutte le persone che temono di essere mappate dall’Agenzia delle Entrate e quelle che per mille ragioni pratiche non abbiano la disponibilità della tessera stessa).
Le questioni sono molteplici, tutte impattate non dal principio in sé del distanziometro, quanto piuttosto dal fatto che i parametri tecnici che lo identificano rendono come detto il divieto talmente espanso da non consentire alcuna installazione.   E vediamo quali.
 
Il profilo occupazionale, del tessuto imprenditoriale e del gettito erariale.
L’espulsione del gioco pubblico dal territorio del Lazio comporterebbe una perdita di 16.000 posti di lavoro, di 1 miliardo di Euro di gettito erariale, nonché la penalizzazione se non la chiusura di circa 6.400 esercizio, di cui 1.300 specializzati (i dati sono riferiti nello studio presentato il 26/4/2021 dal Prof. Paolo Feltrin, Direttore Istituto Tolomeo Studi e Ricerche “Analisi dell’impatto sociale del settore del Gioco Pubblico nella Regione Lazio e delle conseguenze dell’entrata in vigore della L.R. 5/2013”).
 
Il profilo del presidio di legalità dei territori.
L’altra conseguenza disarmante della radicale espulsione va ricercata nelle parole del Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero de Rhao “quando si dice il gioco legale va promosso non è una sollecitazione al gioco, perché il gioco andrebbe comunque contenuto, ma chiudere il gioco legale significa dare modo alla criminalità organizzata di operare con maggiore efficacia e maggiore ricchezza”.
Peraltro, “è del tutto evidente che il prolungamento della chiusura forzata del comparto a causa della pandemia (…) rappresenta la cosiddetta “Prova del 9” di quanto indicato (…) le autorità investigative non hanno mancato di rappresentarlo anche nelle sedi ufficiali. Ed a tal fine mi limito a ricordare quanto da ultimo dichiarato:  [i] dall’allora Capo della Polizia, Franco Gabrielli ad aprile 2020 “La chiusura delle sale giochi e l’interruzione delle scommesse sportive e dei giochi gestiti dai Monopoli di Stato potrebbero aumentare il ricorso al gioco d’azzardo illegale online”;   [ii] dall’Agenzia Dogane e Monopoli più recentemente “Il gioco illegale, secondo alcune stime, per volume è paragonabile al gioco legale”; l’emergenza COVID ha già accelerato la ripresa dell’offerta illegale in quanto l’Agenzia riporta anche che “Dalla chiusura a seguito del lockdown il CoPReGI, Comitato per la prevenzione e la repressione del gioco illegale, è intervenuta in tutte le regioni d’Italia, in 50 capoluoghi di provincia, ha controllato 250 sale illegali e comminato sanzioni per oltre 1 milione di euro”;    [ii] dal direttore dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia, Claudio Clemente, nella relazione per la Commissione Parlamentare Antimafia “Gli alert antiriciclaggio relativi al settore giochi hanno registrato nel 2020 «una complessiva contrazione (-11% rispetto al 2019) attribuibile alle misure restrittive imposte per la gestione dell’emergenza».  Il calo «ha interessato gli operatori tradizionali dei comparti slot machine, videolottery e sale bingo, a fronte di un aumento di segnalazioni riferite al gioco online (+67%)», si legge. Le difficoltà degli operatori abilitati, però, «hanno ampliato le opportunità di esercizio illegale o abusivo delle attività»”.  Così precisava il Prof. Alberto Baldazzi, Vice Direttore Istituto Ricerca Eurispes presentando il Focus sull’impatto delle norme territoriali sui presidi di legalità valutato negli studi Eurispes Piemonte e Lazio al Convegno on line sul distanziometro del Lazio del 26/4/2021.
 
Il profilo sanitario della tutela dell’utente.
Sotto il profilo sanitario deve essere valutato con attenzione che l’espulsione di un’offerta pubblica dai territori o la sua marginalizzazione ai confini delle periferie si paleserebbe addirittura penalizzante per gli utenti, per tutta una serie di ragionamenti proposti dagli studiosi ed eserti in materie di dipendenze, a partire dall’Istituto Superiore di Sanità che non mette il distanziometro tra gli strumenti utili al contrasto.   Tra le altre posizioni assunte si ricordano i seguenti stralci.
La dipendenza si struttura lentamente, quasi senza che il soggetto se ne accorga. E, di fatto, la consapevolezza che qualcosa è cambiato il paziente la riceve quando si rende conto del bisogno che, dentro di lui, si è fatto strada relativamente all’oggetto da cui dipende.    Questo bisogno, questa ricerca spasmodica, si chiama craving, dall’inglese: “desiderio improvviso ed incontrollabile”.  E’ con il craving che si deve cimentare chi si occupa di dipendenze. E il craving non si controlla con limiti e paletti che rendano più complicato il raggiungimento dell’oggetto della dipendenza.    Anzi, qualsiasi ostacolo, più o meno superabile, rende il desiderio, il craving appunto, ancora più intenso e rende ancora più forte il piacere della sua soddisfazione.    
Per curare la dipendenza non si può agire sull’oggetto, rendendolo più o meno proibito, ma sul soggetto portatore della dipendenza, rendendolo più forte e più consapevole.    Alla base del disturbo da dipendenza c’è, infatti, un Io fragile, con una bassissima tolleranza alle frustrazioni, incapace, cioè, di affrontare i problemi, le responsabilità, i NO della vita.   Bene il paziente, quindi, deve essere il centro dell’intervento. Egli va aiutato, in primis, a rendersi conto di avere un problema, ad ammetterlo e ad accettare l’aiuto.  
 Ciò si ottiene attraverso dispositivi ben diversi dal proibizionismo, in qualsiasi modo agito, si ottiene con un intervento mirato e capillare, personalizzato, potremmo dire e cucito sul soggetto.” (così la Dott.ssa Sarah Viola, Medico Psichiatra specialista in dipendenze su impatto di natura sanitaria, al Convegno on line sul distanziometro del Lazio del 26/4/2021).    
Negli stessi termini è quanto si rinviene studio da parte della Italian Society of Psychopathology dal titolo “Il disturbo da gioco d’azzardo – implicazioni cliniche, preventive e organizzative” sul numero 1/2020 della rivista scientifica Journal of Psychopathology, disponibile anche sul sito al link www.jpsychopathol.it secondo cui tra l’altro: “Attualmente, le risposte al problema del gioco d’azzardo non sono ancora sufficientemente delineate e socialmente soddisfacenti.
Sono quindi necessarie strategie preventive, riabilitative e di cura che si basino maggiormente sulle conoscenze psicopatologiche e neuroscientifiche del disturbo  (…) nel nostro paese Regioni e Comuni hanno, abbastanza superficialmente, cercato soluzioni per la gestione del fenomeno e sono intervenute, perlopiù, col fine di limitare il numero delle sale attraverso misure che – secondo gli Istituti di ricerca – si rivelano di scarso impatto e quantomeno inefficaci. Prima fra tutte quella definita come “distanziometro”, ovvero il divieto di aprire sale o installare slot-machine a meno di una certa distanza da chiese, scuole e altri luoghi sensibili.
Recenti dati mettono in evidenza come invece una parte dei giocatori problematici (mediamente il 10%) spesso scelga di rivolgersi a sale distanti dall’abitazione, proprio per nascondere il disagio che ne può derivare. Doxa (2019) mette in evidenza che la maggior parte dei giocatori non ha alcun problema a scegliere una sala più lontana: si sposterebbe in un altro punto vendita il 69% dei giocatori di scommesse sportive, il 65% dei giocatori di Slot e il 61% dei giocatori afferenti al Video Lottery Terminal. Solamente il 12% - emerge dallo studio - smetterebbe di giocare, qualora chiudesse il luogo di gioco abituale.
Il divieto praticamente assoluto di gioco in zone urbane potrebbe paradossalmente favorire il soggetto affetto da GD, determinandone pertanto la concentrazione delle sale in luoghi periferici, isolati dallo sguardo altrui e dallo stigma derivante. Inoltre, le periferie stesse potrebbero finire per essere penalizzate da una elevata densità di offerta, con un probabile influenza negativa sui giocatori sociali normalmente residenti nelle zone stesse.”.
 
Conclusioni
In definitiva, l’esercizio che andrà fatto prima che si giunga alla scadenza del termine per l’entrata in vigore del distanziometro espulsivo è quello di essere consapevoli che il problema è solo l’errore tecnico sottostante che caratterizza i parametri del distanziometro.   
Occorre tenere sotto controllo tutti i parametri sopra indicati (metri, modalità di calcolo, tipologia di luoghi sensibili), con l’obiettivo espresso e primario di tutelare si gli utenti dal disturbo da gioco d’azzardo, ma nella consapevolezza che ciò debba avvenire effettivamente in concreto e non in astratto e senza verifiche.
Il tutto, nella consapevolezza che, pertanto, lo strumento individuato del distanziometro, così come congegnato, per l’errore tecnico che lo caratterizza, per i parametri così oggettivamente troppo ampi, di fatto finisce non solo per andare contro lo scopo della norma stessa, perché non cura, e addirittura determina una serie di effetti collaterali nefasti per il territorio stesso, a discapito della legalità dei territori, del gettito erariale fin ora sviluppato, del tessuto imprenditoriale e dell’occupazione che, in tempi di post pandemia, difficilmente troverebbero soluzioni alternative.
Ecco che occorre dimostrare il coraggio di dire che è necessario non solo eliminare il termine di espulsione di agosto 2022 ma anche di concepire subito o in prospettiva una nuova formula distanziale che sia autenticamente efficace, da un lato, e sostenibile, dall’altro, mettendo in sicurezza dunque la salute degli utenti, da un lato, e gli altri interessi di carattere generale sopra richiamati: dall’occupazione, al tessuto imprenditoriale, dalla legalità al gettito erariale.

Geronimo Cardia

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