La Commissione Antimafia della Regione Lombardia ha trattato il tema del comparto del gioco pubblico sentendo di verse associazioni. Obiettivo dei lavori quello di focalizzare il rapporto tra il comparto e i presidi di legalità, nonché la dimensione economica e sociale con attenzione al contrasto al disturbo da gioco d’azzardo, rapportato alle misure attualmente vigenti sui territori. In questo articolo metto in evidenza anche i passaggi che sono emersi mettendo in evidenza la paradossale correlazione tra, da un lato, l’inefficacia delle misure attualmente previste e, dall’altro, la paralisi delle gare per le assegnazioni delle nuove concessioni e la conseguenza delle proroghe di natura tecnica, peraltro oltremodo onerose. (Jamma, novembre 2024)
Premessa
Non è la prima volta che una Commissione Antimafia ritenga di approfondire gli aspetti tecnici del comparto. Era accaduto nel 2021 alla Commissione Parlamentare Antimafia, nel XX Comitato per la “Prevenzione e repressione delle attività predatorie della criminalità organizzata durante l'emergenza sanitaria”.
In quell’occasione, l’attualità delle chiusure imposte ad alcune tipologie i giochi pubblici aveva imposto delle riflessioni sul piano della diffusione dell’offerta illegale in sostituzione di quella pubblica e sul piano del rischio di infiltrazione della criminalità per la vulnerabilità di imprese sane ma costrette ad azzerare l’attività ed a privarsi della totalità dei ricavi, pur dovendo comunque fronteggiare l’adempimento di pagamenti di costi fissi e debiti pregressi.
Questa volta l’audizione avviene in ambito regionale e consente di fare delle riflessioni sulle conseguenze di chiusure di imprese, questa volta non provocate da provvedimenti dichiaratamente interdittivi come quelli in epoca Covid, ma da provvedimenti regionali o comunali che pur dichiarando l’obiettivo di solo regolamentare la distribuzione (non di vietarla) in realtà determina conseguenze chiaramente “espulsive”.
Il ruolo centrale del comparto nel contrasto alla criminalità
Il ruolo di presidio di legalità dei territori affidato al comparto del gioco pubblico emerge già nei numerosi rapporti delle autorità investigative dell’epoca quando il Parlamento ha ritenuto di procedere con la regolamentazione di prodotti di gioco, registrando la presenza di una domanda soddisfatta sino a quel momento dalla criminalità. Dai primi anni duemila inizia, infatti, la regolamentazione sia di prodotti prima non gestiti dallo Satto quali il bingo, le slot, le scommesse, l’online, le vlt sia delle loro reti distributive.
Successivamente, la fitta rete di adempimenti imposti alle divere verticali distributive consente all’ordinamento giuridico di mettere al servizio delle autorità investigative un patrimonio informativo inestimabile per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali, così affidando al comparto un ulteriore ruolo esercitato attraverso il suo funzionamento.
E qui basti ricordare che nel sistema concessorio i concessionari, con il coinvolgimento delle loro filiere, sono soggetti attivi per lo svolgimento degli adempimenti antiriciclaggio ai sensi del decreto 231/2007, sostanzialmente al pari di banche ed intermediari.
Al comparto si applicano le norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari richiesta dalla Legge 136/2010 agli appaltatori della pubblica amministrazione.
Allo stesso tempo le norme prevedono la trasparenza assoluta della governance delle imprese così come dei soggetti preposti all’operatività, associate a divieti di esercizio di attività in presenza di mancanza di requisiti soggettivi stringenti. Trasparenza da monitorare non solo in sede di ingresso ma anche periodicamente durante tutto il periodo dell’attività.
La trasparenza nella governance e nell’operatività è presidiata da regimi concessori e autorizzatori dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, così come da altre amministrazioni in sede di rilascio delle licenze ai punti del territorio ai sensi degli articoli 86 e 88 Tulps, si pensi rispettivamente ai Comuni ed alle Questure. Le Questure addirittura oltre a verificare i requisiti soggettivi dei preposti all’attività, verificano anche la sorvegliabilità dei locali dei luoghi specializzati. Così come l’obbligatorietà degli impianti di videosorveglianza nelle sale consente di tenere acceso il faro su ciò che accade all’interno di esse.
Completano il quadro gli elenchi pubblici degli operatori, come il Ries, gli obblighi della resa del conto e della presentazione del cosiddetto conto giudiziale da parte dei concessionari che sono parificati agli agenti della riscossione, la qualifica di incaricati di pubblico servizio degli operatori, perché le somme raccolte sono definite risorse statali, così come tutti gli obblighi di trasparenza sui dati di gioco prodotti dalla gestione telematica del sistema concessiorio e tutta la reportistica richiesta sistematicamente.
Tutto ciò rappresenta oggettivamente un patrimonio informativo inestimabile per le autorità investigative per lo svolgimento di indagini, così come per contrastare il fenomeno di rischi di infiltrazione criminale, evidentemente molto più di quanto accada per altri comparti, pure attenzionati.
Diminuzione del perimetro di legalità e offerta illegale
A stimare i volumi dell’offerta illegale ed i rischi che si corrono quando l’offerta di Stato viene ostacolata nell’esercizio delle sue funzioni sono state importanti istituzioni, soprattutto nel periodo della pandemia quando molto si è sentito l’effetto delle chiusure.
Già nel 2019 il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho relativamente ai ricavi da gioco ha indicato che “il volume dell’illegale in Italia è valutato intorno ai 20 miliardi annui”.
L’allora Capo della Polizia, Franco Gabrielli ha dichiarato già ad aprile 2020 che “La chiusura delle sale giochi e l’interruzione delle scommesse sportive e dei giochi gestiti dai Monopoli di Stato potrebbero aumentare il ricorso al gioco d’azzardo illegale online”.
Anche l’Agenzia Dogane e Monopoli riportava che “Il gioco illegale, secondo alcune stime, per volume è paragonabile al gioco legale”; e che “Dalla chiusura a seguito del lockdown il CoPReGI, Comitato per la prevenzione e la repressione del gioco illegale, è intervenuta in tutte le regioni d’Italia, in 50 capoluoghi di provincia, ha controllato 250 sale illegali e comminato sanzioni per oltre 1 milione di euro”.
Da ultimo si è preso atto delle dichiarazioni del direttore dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia, contenute nella relazione depositata in un’audizione dell’epoca alla Commissione Parlamentare Antimafia e pubblicata sul portale della UIF secondo cui tra l’altro “Gli alert antiriciclaggio relativi al settore giochi hanno registrato nel 2020 «una complessiva contrazione (-11% rispetto al 2019) attribuibile alle misure restrittive imposte per la gestione dell’emergenza». Il calo «ha interessato gli operatori tradizionali dei comparti slot machine, videolottery e sale bingo, a fronte di un aumento di segnalazioni riferite al gioco online (+67%)», si legge. Le difficoltà degli operatori abilitati, però, «hanno ampliato le opportunità di esercizio illegale o abusivo delle attività»”.
Le misure del territorio per il contrasto al disturbo da gioco d’azzardo
I presidi di legalità possono essere garantiti solo in presenza di una regolazione sostenibile e realmente efficace.
Anzitutto va chiarito che i numeri dicono che distanze e limitazioni di orario attualmente previste e dai connotati palesemente espulsivi non prevengono né curano il disturbo da gioco d’azzardo (la spesa complessiva degli utenti è aumentata negli anni) così come non rappresentano uno strumento da utilizzare per il perseguimento dell’obiettivo di ridurre il fenomeno del DGA (perché al limite spostano la domanda di gioco, non l’azzerano).
L’esempio per la Lombardia può essere fatto con le limitazioni di orari di funzionamento per almeno 16 ore al giorno riservate dal Comune di Varese per le sole slot e vlt che stanno determinando ad esempio solo l’effetto di far spostare gli utenti a pochi minuti di macchina dal centro della città nella vicinissima Svizzera dove sono serviti gli stessi identici prodotti interdetti sul territorio italiano, con tra l’altro conseguente perdita di gettito erariale. In altre parole, non si cura né previene il DGA, non si diminuisce la spesa dell’utente che sis posta in Svizzera, si perde il gettito erariale, si perde il presidio di legalità dato dall’offerta di Stato sul territorio italiano, si fanno chiudere imprese sane, si perdono posti di lavoro di persone peraltro qualificate dall’ordinamento giuridico come incaricati di pubblico servizio.
Conclusioni: niente gare e a rischio il patrimonio informativo per le autorità investigative
Chiudere l’offerta pubblica, penalizzare l’offerta pubblica, ridurre l’offerta pubblica non significa curare né prevenire, significa perdere gettito erariale, perdere posti di lavoro e perdere presidio di legalità sui territori.
Le misure in questione che non prevengono e non curano il DGA, sono quindi le stesse misure che creano tutti gli effetti collaterali indesiderati a danno degli altri interessi pubblici richiamati ai quali si aggiunge quello di impedire lo svolgimento delle gare pubbliche per le assegnazioni delle concessioni scadute da anni e quello di cancellare porzioni importanti di patrimonio informativo altrimenti messo a disposizione delle forze investigative.
E’ pur vero che i territori si devono far carico dei problemi sanitari, grandi o piccoli che siano, che impattano su di essi e per questo sarebbe opportuno seguire modelli virtuosi di monitoraggio come quello dell’osservatorio e dei sistemi di prevenzione e di politiche attive previste della Regione Campania. Sarebbe opportuno introdurre il registro di autoesclusione anche per i prodotti del territorio. Sarebbe opportuno dotare di risorse economiche le Regioni ed i rispettivi sistemi sanitari, prelevano le risorse dal gettito erariale riveniente da tutti i tipi di giochi, senza prevedere ulteriori tassazioni.
Geronimo Cardia
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